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lunedì 27 febbraio 2017

Maschere d'Italia

Un articolo di Daniela (Luna Nera)






L'Italia ha una grande ricchezza di maschere regionali di carnevale, di origine diversa: sono nate dal teatro dei burattini, dalla commedia dell'arte, da tradizioni arcaiche, oppure sono state ideate appositamente come simboli dei festeggiamenti carnevaleschi di varie città. E' generalmente accettato che le maschere, il rumore, il colore e il clamore avessero avuto in origine lo scopo di scacciare le forze delle tenebre e l'inverno, e di aprire la strada per l'arrivo della primavera.



ARLECCHINO



LA MASCHERA DI ARLECCHINO E’ DI TRADIZIONE ITALIANA, NATA A BERGAMO. IL SUO VESTITO ERA DAPPRIMA TUTTO BIANCO, COME QUELLO DI PULCINELLA. COL TEMPO A FURIA DI RATTOPPI CON PEZZI DI STOFFA DI OGNI COLORE, É DIVENTATO QUELLO CHE OGGI TUTTI CONOSCIAMO: UN VARIOPINTO ABITO COMPOSTO DA UN GIUBBETTO E DA UN PAIO DI PANTALONI, ENTRAMBI A LOSANGHE E TRIANGOLI DI TUTTI I COLORI. ARLECCHINO HA UN CARATTERE STRAVAGANTE E SCAPESTRATO. NE COMBINA DI TUTTE, INVENTA IMBROGLI E BURLE A SPESE DEI PADRONI AVIDI E TACCAGNI DEI QUALI É A SERVIZIO, MA NON GLIENE VA MAI BENE UNA. IN QUANTO A LAVORARE NEMMENO A PARLARNE; FRA ARLECCHINO ED IL LAVORO C’É UNA PROFONDA INCOMPRENSIONE. LE SUE BATTUTE, LE SUE SPIRITOSAGGINI, FANNO RIDERE A CREPAPELLE TUTTI QUANTI.
QUANDO POI NON SA COME CAVARSI DA UN IMPACCIO O A LIBERARSI DA UN GUAIO, ARLECCHINO DIVENTA UN ABILE MAESTRO NEL FAR FUNZIONARE LE GAMBE: FA CAPRIOLE, PIROETTE E SALTI ACROBATICI.
ANCORA OGGI, DAI PALCOSCENICI DEI TEATRI O NEL MEZZO DI UNA FESTA DI CARNEVALE, INCANTA E DIVERTE IL PUBBLICO DEI BAMBINI E DEI NON PIÙ BAMBINI E SI PUÒ CONSIDERARE LA PIÙ SIMPATICA FRA TUTTE LE MASCHERE ITALIANE.


PULCINELLA


LA MASCHERA DI PULCINELLA CON DUE GOBBE E IL NASO ADUNCO PUÒ CONSIDERARSI LA PIÙ ANTICA DEL NOSTRO PAESE. QUESTA MASCHERA PERSONIFICA VIRTÙ E VIZI, DEL BORGHESE NAPOLETANO, SI ADATTA AD OGNI RUOLO: PADRONE, SERVO, DOMESTICO, MAGISTRATO, MA IN NESSUN CASO ATLETICO. SOBRIO NEI MOVIMENTI, LENTO, GOFFO E DI POCHE PAROLE, MA, QUANDO PARLA, È SEMPRE SECCO E MORDENTE.


COLOMBINA



L’UNICA MASCHERA FEMMINILE AD IMPORSI IN MEZZO A TANTI PERSONAGGI MASCHILI È COLOMBINA, BRIOSA E FURBA SERVETTA. E’ VIVACE, GRAZIOSA, BUGIARDA ED È DI VENEZIA. E’ MOLTO AFFEZIONATA ALLA SUA SIGNORA, ALTRETTANTO GIOVANE E GRAZIOSA, ROSAURA, E PUR DI RENDERLA FELICE È DISPOSTA A COMBINARE IMBROGLI SU IMBROGLI. CON I PADRONI VECCHI E BRONTOLONI VA POCO D’ ACCORDO E SCHIAFFEGGIA SENZA MISERICORDIA CHI OSA IMPORTUNARLA MANCANDOLE DI RISPETTO.


GIANDUJA



GIANDUIA È LA PIÙ IMPORTANTE MASCHERA PIEMONTESE, NATA NEL 1798. GIANDUIA È UN GALANTUOMO ALLEGRO, CON BUON SENSO E CORAGGIO, CHE AMA IL BUON VINO E LA BUONA TAVOLA. PERSONAGGIO SEMPRE PRESENTE NELLE FESTE POPOLARI TORINESI, DOVE NON MANCA NEPPURE LA SUA FEDELE COMPAGNA GIACOMETTA CON LA QUALE, NEI GIORNI DI CARNEVALE, GIRA SU UNA CARROZZA. GIANDUIA È LA PIÙ CONOSCIUTA MASCHERA DEL PIEMONTE, IL RE DI TORINO DURANTE IL CARNEVALE. MA QUAL È LA SUA STORIA ? GIANDUIA NASCE AD OPERA DI UN BURATTINAIO CHE CIRCA 300 ANNI FA EBBE UN ENORME SUCCESSO CON IL SUO BURATTINO CHIAMATO „GIRONI“, CHE IN DIALETTO PIEMONTESE SIGNIFICA GIROLAMO. AL BURATTINAIO FU CONSIGLIATO DI CAMBIARE NOME AL SUO PERSONAGGIO. BENISSIMO, MA CHE NOME DARGLI? IL NOSTRO BURATTINAIO SCOPRÌ A CALLINETTO, UN PAESE INTORNO AD ASTI, UN CONTADINO SIMPATICO, ARGUTO E FURBO DI NOME GIOAN D‘LA DOUJA PERCHÉ NELLE OSTERIE CHIEDEVA SEMPRE UN BOCCALE DI VINO (IN DIALETTO PIEMONTESE DOUJA) . GIOAN VESTIVA UNA LUNGA GIACCA MARRONE BORDATA DI ROSSO, PORTAVA IN TESTA UN CAPPELLO A TRE PUNTE, IL TRICORNO, E AVEVA UN CODINO GIRATO ALL‘INSÙ LEGATO CON UN BEL NASTRINO ROSSO. IL SUO NOME FU PRESTO ABBREVIATO IN GIANDUIA E DIVENNE UN BURATTINO DI GRAN SUCCESSO. CURIOSITÀ: AH, CONOSCETE ANCHE I FAMOSI GIANDUIOTTI? È A TORINO CHE VENNE INVENTATO IL FAMOSO CIOCCOLATO GIANDUJA, FATTO DI CACAO, ZUCCHERO E NOCCIOLE E DA QUESTO DERIVA IL FAMOSO CIOCCOLATINO, UNA VERA DELIZIA PER IL PALATO.



PANTALONE




MASCHERA VENEZIANA CON ALCUNI ASPETTI CHE LA LEGANO ALLA MASCHERA DI LIBERTINO CREDULONE, BEFFEGGIATO E SEMPRE SCONTENTO, DELL’ANTICO TEATRO CLASSICO. ASSOMIGLIA ALLA MASCHERA BOLOGNESE DEL DOTTOR BALANZONE E AD ALCUNI PERSONAGGI DI MOLIÈRE COME ARPAGONE E SGANARELLO. PANTALONE È SEMPRE D’ETÀ AVANZATA, TALORA SCAPOLO CON TUTTO IL RIDICOLO DI CHI, ORMAI MATURO, VUOL PIACERE ANCORA. NEL TEMPO IL COSTUME DI PANTALONE È CAMBIATO, MA HA SEMPRE CONSERVATO LA CARATTERISTICA ZIMARRA NERA. ARRICCHITO, BURBANZOSO E SPUTASENTENZE, AVARO E DIFFIDENTE, PER FAR SFOGGIO DELLA SUA AUTOREVOLEZZA SI INTROMETTENDOSI, NON INVITATO, IN DISPUTE E ALTERCHI E, PUNTUALMENTE, FINISCE COL RICEVERE BOTTE DA ENTRAMBI I CONTENDENTI.



MENEGHINO



MENEGHINO O DOMENICHINO È LA MASCHERA MILANESE PER ECCELLENZA, INCONFONDIBILE CON IL SUO CAPPELLO A TRE PUNTE E LA PARRUCCA CON CODINO ALLA FRANCESE. VESTITO DI UNA LUNGA GIACCA DI VELLUTO, CALZONI CORTI E CALZE A RIGHE ROSSE E BIANCHE, MENEGHINO IMPERSONA UN SERVITORE ROZZO MA DI BUON SENSO, CHE NON FUGGE QUANDO DEVE SCHIERARSI AL FIANCO DEI SUOI SIMILI. GENEROSO E SBRIGATIVO, È ABILE NEL DERIDERE I DIFETTI DEGLI ARISTOCRATICI. E’ UN SERVO VESTITO ALLA POPOLANA E NON PORTA LA MASCHERA. SPAVALDO A PAROLE, MA CAUTO NEI FATTI È ALL’APPARENZA EGOISTA MA CON UN’ANIMA CARITATEVOLE PUR AFFERMANDOSI COME MASCHERA DELLA COMMEDIA DELL’ARTE NEL SEI, SETTECENTO, PROBABILMENTE LE ORIGINE DEL SUO NOME RISALGONO AI “MENECMI” DI PLAUTO, AL “MENEGO” DI RUZANTE, OPPURE PIÙ SEMPLICEMENTE DAL NOME DEI SERVI UTILIZZATI NELLE RICORRENZE DOMENICALI, CHIAMATI DAI MILANESI “DOMENIGHINI”.


GIOPPINO





MASCHERA DI BERGAMO COMPARE TRA LA FINE DELL’700 E I PRIMI DELL”800 NELLE PROVINCE DI BERGAMO E BRESCIA. GIOPPINO È UN PERSONAGGIO RUBICONDO, BUFFO E SIMPATICO, CON UNA GRAN RISATA CONTAGIOSA. FA IL CONTADINO, MA QUESTO LAVORO NON GLI VA PERCHÉ DEVE FATICARE TROPPO E GUADAGNARE POCO. PIENO DI BUON SENSO E DI FURBIZIA, CERCA DI ARRANGIARSI CON LAVORETTI PER ARRICCHIRE DI CIBO LA SUA TAVOLA. INDOSSA DEI CALZONI CORTI UNA CAMICIA ED UNA GIACCHETTA; IN TESTA PORTA UN CAPPELLO MORBIDO, PORTA CON SE UN BASTONE E SI CARATTERIZZA PER TRE ENORMI GOZZI, CHIAMATI DA LUI “CORALLI” O “GRANATE”.


BRIGHELLA




ATTACCABRIGHE, IMBROGLIONE, CHIACCHIERONE; INSOLENTE CON I SOTTOPOSTI E INSOPPORTABILMENTE OSSEQUIOSO CON I PADRONI. BRIGHELLA DA BERGAMO DAL CARATTERE SCALTRO E ASTUTO, È IL CUOCO, IL CAMERIERE, IL CAPO SERVITÙ ANTAGONISTA DI ARLECCHINO E PRIMO ZANNI DELLA COMMEDIA DELL’ARTE. L’ABITO CHE BRIGHELLA SI VANTA DI INDOSSARE È LA “LIVREA”, SIMBOLO DELL’APPARTENENZA AL PADRONE: CALZONI LARGHI E GIACCA BIANCHI, LISTATI DI VERDE, UN MANTELLO BIANCO, ANCH’ESSO CON DUE STRISCE VERDI, UN BERRETTO A SBUFFO E LA MEZZA MASCHERA SUL VISO. E’ CON QUESTA UNIFORME CHE ESERCITA IL SUO POTERE SUI SEMPLICI SERVITORI.


TARTAGLIA



MASCHERA DELLA COMMEDIA DELL’ARTE DI ORIGINE NAPOLETANA. PRESE IL NOME DI TARTAGLIA DALLA BALBUZIE CHE LA DISTINGUEVA. SI PRESTÒ AD IMPERSONARE ORA IL SERVO ASTUTO, ORA IL PEDANTE, ORA L’AVVOCATO INTRIGANTE, ORA LO SPEZIALE. E’ UNA MASCHERA SPASSOSA E RIDANCIANA E NON RIVESTE MAI PARTI TRISTI O TRAGICHE.


STENTERELLO



E’ UNA MASCHERA DELLA TRADIZIONE ITALIANA, TIPICA DELLA TOSCANA. INDOSSA UNA GIACCA BLU CON IL RISVOLTO DELLE MANICHE A SCACCHI ROSSI E NERI. HA UN PANCIOTTO PUNTINATO VERDE PISELLO E DEI PANTALONCINI SCURI E CORTI. HA UNA CALZA ROSSA E UNA A STRISCE BIANCO E AZZURRO CON LE SCARPE NERE. IN TESTA PORTA UN CAPPELLO A BARCHETTA NERO E UNA PARRUCCA CON IL CODINO. E’ MOLTO GENEROSO CON CHI È PIÙ POVERO DI LUI, È DOTATO DI ARGUZIA E DI SAGGEZZA CHE, UNITE ALL’OTTIMISMO, GLI FANNO SUPERARE LE AVVERSITÀ DELLA VITA. SPESSO È RICERCATO DAI SUOI CREDITORI.


SANDRONE



E’ UNA TIPICA MASCHERA DELL’ EMILIA ROMAGNA. IL SUO CAPPELLO SEMBRA UNA CUFFIA DA NOTTE: E’ DI LANA ROSSA. PORTA UNA GIUBBA VERDE, UNA PANCIERA BIANCA CON PALLINI ROSSI, I CALZONI CORTI COLOR MARRONE, LE CALZE RIGATE BIANCHE E ROSSE. LE SCARPE SONO MOLTO GROSSE. HA IL FACCIONE COLOR VINO, DI CUI E’ MOLTO AMICO; SPESSO HA IN MANO UN FIASCO DI VINO ROSSO. E’ IL CARATTERISTICO CONTADINO IGNORANTE, MA PIENO DI BUON SENSO E DI FURBERIA: TALVOLTA E’ FALSO E BASTONATORE, CIOE’ AMA PICCHIARE, A RAGIONE O TORTO.



LA CECCA




Altra maschera tipica milanese è La Cecca, il cui nome deriva da Francesca, moglie di Meneghino. Viene chiamata anche Cècca di birlinghitt per i suoi vestiti sempre pieni di decorazioni a nastri e nastrini. Sorridente, si sa arrangiare per procurare al marito ciò che i suoi padroni vogliono: la coppia diventa così la tradizionale coppia milanese, che grazie alla fantasia, alla buona volontà, all’ abilità ma anche con sacrificio riesce sempre a far quadrare i conti. Anche lei, come il Meneghino, non porta la maschera; ha zoccoli in legno, calze azzurre, un grembiule bianco, una veste granata a pois bianchi, un corsetto nero con pizzi e bottoni d’oro, uno scialle e la coroncina tipica brianzola, la raggiera o guazza. Nella foto compare accanto a Giacometta, maschera torinese compagna di Gianduia.





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