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domenica 30 aprile 2017

Anche aprile se ne va





Anche il sereno aprile se ne va.
Peccato! E' stato un mese così dolce e così tranquillo!
Incominciò con il dondolio festante delle campane di Pasqua, mentre rondini e colombi si rincorrevano nel cielo luminoso di primavera. Quanti fiori sono sbocciati in questo mese per i campi, per i prati, nei giardini? Tutta la campagna è un trionfo di fiori. Cantano gli uccelli tra i rami fioriti, e gli alberi sembrano orchestre. La notte, sotto le stelle scintillanti gorgheggiano gli usignoli.
Che dicono? Chi sa!
Intanto domani è maggio. Le tanto sognate vacanze estive s'avvicinano a grandi passi. Le rondini, sfreccianti al di fuori delle grandi vetrate delle finestre dell'aula, sembrano ripeterci:
"Andiamo! Andiamo!"
Oh! Se, rondini, rondini anch'io... vorrei loro ripetere come in una poesia del Pascoli; insomma: "Oh, se potessi, o rondini, seguirvi nei vostri voli e nei vostri festosi frulli nel cielo splendente di primavera, come mi sentirei felice!"


- Cesare Paperini -


dal libro scolastico "Anni verdi"


venerdì 28 aprile 2017

La fontanina

(Daniela)
Dai ricordi dei libri di scuola......




giovedì 27 aprile 2017

Piove






Piove in ogni dove. 
Cielo grigio. Tempo brutto. 
Piove, piove dappertutto. 

Fan la doccia i fiorellini 
nelle aiuole dei giardini 
e, nell'orto, il seminato 
beve l’acqua d’un sol fiato. 

Io, se piove, non mi cruccio 
vado a spasso col cappuccio.


- Jolanda Colombini Monti -



mercoledì 26 aprile 2017

La Madonnina del viandante.

(Daniela  - Luna Nera)

- Un racconto di Annalisa Ferri -




All'entrata del borgo, sulla strada in salita costeggiata dai prati e dagli uliveti, sotto l'ombra delle selvatiche foglie dell'edera intrecciate alle felci, stava da anni ormai una vetrina mossa dal vento nelle giornate incerte, che proteggeva una Madonna col bambino in braccio, donata da un viandante al paese, in una sera in cui i contadini tornano a casa tardi dopo la mietitura e la​ luce del sole aveva lasciato alla polvere d'argento della luna la torcia sul paese. La Madonnina che guardava benevola chiunque passasse, con la testa china da un lato ed i capelli sciolti ed ondulati, era una giovane signora di gesso, con degli occhi azzurri e grandi e copriva col manto celeste un piccolo bimbo paffuto dai riccioli biondi. Il solitario viaggiatore aveva creato quel dono per il paese che lo aveva ospitato un anno lontano nei mesi invernali, andando di casa in casa invitato a mangiare e dormendo nella torre del campanile, dal quale vedeva la vallata e sentiva il gufo cantare litanie nelle notti buie. Così un giorno di pioggia e nebbia iniziò a modellare una statua col gesso e nelle sere lunghe colorava con tempere quella creazione gentile e la mattina della partenza, con l'alba appena alzata, la regalò al parroco e la benedisse commosso. La popolazione accorse per vedere la statuina nuova, bellissima e si decise di porla all'entrata del paesino, affinché tutti potessero salutarla nel tornare a casa o nell'andare via.



(immagine Bruno Vallino)


 Rimase per anni lì. Nelle giornate calde la statua era circondata dalle farfalle nuove, che nel loro unico giorno glorioso di vita passavano a pregare. Ogni mietitore che tornava dalla campagna con la polvere sui vestiti, toglieva il cappello e dopo il segno della croce si inchinava pregando velocemente per i figli ed i nipoti. Quasi ogni giorno l'anziana del villaggio, nella sua solitaria passeggiata silenziosa in compagnia del bastone di leccio consumato dai passi delle giornate, portava fiori di mughetto, viole e peonie e le disponeva in un vaso. Restava a pregare lungamente, all'ombra della siepe di edera e sentiva il ronzio delle api ricordando la sua infanzia, i profumi di sapone e solo il rumore dell'acqua della fonte riportava la realtà i pensieri della donna.



In alcune mattinate leggere le donne portavano le sedie di paglia accanto alla statuina e conversavano dei fatti passati e dei segreti del paese che da anni si tramandavano, mai svelati. I bambini nelle serate di festa correvano, rincorrendosi tra i giochi della fantasia e la Vergine sembrava vegliarli maternamente, mentre gli uccelli notturni giocavano nel cielo e tra le fronde profumate del tigli. Le ragazze al tramonto, nel tornare a casa volutamente deviavano il percorso davanti alla teca ed umilmente abbassavano il capo, portando spesso nuovi centrini ricamati da porre sotto i vasi o alla statua​ per cercare, tra i tanti, l'uomo della loro vita.

  


Dal giorno in cui il viandante solitario giunse al borgo, con il canto del cuculo diffuso nel bosco antico, la novità divenne la normalità e quando quell'uomo anziano donò la statuina al parroco, le campane suonarono con una diversa spiritualità, i frutti furono più dolci e si cantò all'unisono nel momento della mietitura e della​ vendemmia. Ogni abitante deviava il percorso per rendere omaggio all'immagine votiva, con fiori, pensieri, lacrime, preghiere e fotografie sbiadite per chiedere un dono divino. Anche il burbero taglialegna quando passava con il suo carico ed il profumo di bosco davanti a quel luogo sacro, si voltava a guardare, dapprima diffidente ed arcigno, poi intenerito ed infine con familiarità bisognosa posava gli occhi che qualcuno giurò lucidi in un tramonto pieno di rondini, mentre tornava a casa silenzioso.



Nella notte di luna piena quel silenzio attorno alla Vergine diveniva un sussurro di qualcuno che pregava nascosto, piangendo per le speranze, le paure ed i dolori del mondo, lì le volpi passavano veloci prima dell'alba e giungevano le foglie secche delle viti pesanti. Nei luoghi vicini si diffuse la magica credenza che quella piccola statuina restò giovane negli anni, mai rovinata dalla neve o dal sole, dal vento e dal temporale, e mentre il paese cresceva ed invecchiava, moriva e si ripopolava, lei ne serbava i ricordi ed i segreti, gli amori ed i dolori e qualcuno ancora oggi passando lì davanti è pronto a giurare che tutto cambia e passa ma non quegli occhi sempre giovani colore del cielo che seguono i passanti a cui rivolge un sorriso ed una preghiera.



- Annalisa Ferri . 


domenica 23 aprile 2017

La porta dell'infanzia


- Un racconto di Annalisa Ferri -

   


Quando l'alba illuminava il bosco piccolo ed i passeri iniziavano il loro canto insistente, dal lucernaio della cantina entrava una luce timida. Quel corridoio lungo, regno di tele di ragni e gusci di noci, era un contenitore di ricordi, un libro del passato. Ora nella sua aria umida si disperde l'eco di risate antiche, di urla che si rincorrevano mentre i bambini giocavano a nascondino e di nonne che sfornavano dolci profumati al limone ed alla vaniglia. Tra le bottiglie impolverate, scheggiate, opache, si specchiava la gioventù trascorsa: come specchi da camera vedevano riflessi gli occhi di un'epoca passata velocemente, di pomeriggi interminabili, di provviste di verdure, di cene di famiglia improvvisate con sapori che restano nell'anima, impossibili da riprodurre.



Dentro quel vicolo della cantina di campagna erano posti, in piedi appoggiati al muro, grossi tini che un tempo facevano ribollire il vino novello sotto un cielo rosso di tramonto, o botti in cui sgorgava l'aceto per le insalate estive. Quando il sole illuminava con forza le tele sfilacciate, queste sembravano brillare, ed il ragno si ritraeva nel buco sperando che nella notte una piccola farfalla o una zanzara entrate dal cielo notturno, cadessero nella trappola. Erano posti in un angolo impolverato, lasciati da anni dall'ultimo giorno in cui furono portati sotto il cielo celeste, cesti di vimini che avevano fatto maturare negli anni cachi e pomodori, fragole profumate dell'orto, cipolle dorate, ed ora ospitavano ricordi di mani di lavoratori che sotto il sole o coperti dalla prima nebbia raccoglievano i frutti della terra.


Sacchi di patate erano seduti, appoggiati al muro di cemento su cui ogni tanto scendevano gocce di acqua che rimaneva sul tetto nelle piogge abbondanti invernali o quando la neve colta dal sole diveniva un piccolo rivolo chiacchierone.



Quel piccolo pezzo di mondo era immenso quando i nipoti giocavano nei pomeriggi di fine primavera, ma piccolissimo ora, e si chiudeva con i suoi segreti, i suoi ricordi, i suoi suoni così diversi da quando era abitato. Qualche passero si rifugiava sotto il tetto e raccoglieva i semi di segale caduti dai sacchi di iuta. Le lucciole in estate correvano sulle scale che dal cortile conducevano all'orto e giungevano fino al lucernaio, affacciandosi ed entrando da una fessura del vetro rotto e danzando illuminavano, accostando la loro piccola torcia, le pentole rotte, il lavandino che vecchio gocciolava, le bottiglie vuote che un tempo ospitavano la passata di pomodoro fatta dalle donne del paese, portando festa nel vicinato. Varcando quella porta sempre chiusa, un mondo ormai muto si apriva agli occhi di chi, entrando nel passato, voleva annullare gli anni, cancellare la vecchiaia o le sofferenze.



Era una piccola porta di legno, che divideva il silenzio dai rumori del mondo, che sfioravano la cantina, volando accanto ai ricordi ed alle scene di vita passata che come per incanto, senza dar fastidio, rivivevano ogni giorno.


- Annalisa Ferri -


mercoledì 19 aprile 2017

Aprile dolce dormire




Svegliati, svegliati, campanaro,
la rondine canta, il cielo è chiaro!
Piglia la corda e suona le campane,
chè il fornaio vuol fare il pane,
ogni cuor vuol palpitare.
Ma in ogni casa mamma è desta,
e spalanca la finestra,
e fa tutto, ma pianino,
chè ancora dorme il suo bambino…
(Dorme con le manucce strette
e l’angelo chissà cosa ci mette).
E le campane delle chiesuole:
“Ah, che buon’aria! Oh, che buon sole!”
Fiorito è il monte, lucente il mare,
e tu, perchè non ti vuoi svegliare?

-Ugo Betti -

(illustrazione Gastone Rossini)


domenica 16 aprile 2017

Alleluja





Le campane hanno spezzato
le funi che le tenevano legate.
La terra ha sobbalzato, 
s'è aperta e versa fiori.

E i fiori vanno in processione, 
si affollano per le valli, 
strisciano per i muri, 
si annidano nei crepacci, 
si arrampicano sulle pergole, 
si affacciano agli orli dei sentieri.

Le farfalle sciamano, volano, 
ruotano, prese nel gaio vortice. 
Gli uccelli si sono ridestati tutti 
insieme battendo l'ali. 

- Alleluja! - le campane che hanno
spezzato le funi suonano a festa,
a gran voce. 
Valli e monti si rimandano 
gli echi festosi.
Alleluja! 


- Angiolo Silvio Novaro -



venerdì 14 aprile 2017

Decoriamo la tavola di Pasqua

(Daniela - Luna Nera)


(Le gallinelle che ogni anno decorano la mia tavola)



Pasqua ormai è alle porte, per rendere la festa ancora più bella prendiamo qualche spunto per decorare la nostra tavola, che deve essere allegra e colorata preferibilmente nei toni pastello. L’atmosfera pasquale deve essere gioiosa, divertente e deve infondere un senso generale di beatitudine e felicità. Quindi SI ai fiori freschi in mezzo alla tavola: fior di pesco, tulipani, giunchiglie, ranuncoli ecc., rametti di ulivo anche come segnaposto, gallinelle e coniglietti, ovetti di cioccolata e uova decorate, nidi di uccellini come quello che ho acquistato alla "Fiera Primavera" qualche anno fa e che trovate in foto qui sotto.




(Il mio nido con uccellini, sembrano veri al tatto)





Il mio uovo segnaposto (o portagioie)


Si usa anche addobbare l'albero di Pasqua con ovetti decorati e fiocchi a tenui colori pastello.







Le più brave in cucito avranno sicuramente ricamato almeno una tovaglia appositamente per questa festa, magari con fiori delicati o pulcini, e che potranno di certo sfruttare in questa occasione.






Un pensiero carino è mettere un segnaposto per ogni commensale, qui troverete qualche idea se volete i bigliettini, ma possono essere anche pulcini o biscotti a forma di gallinella o coniglietto con un sottile fiocco di raso al collo.




























E ora... liberiamo la fantasia!





























































































Prime 3 foto personali (Daniela), le altre dal web.