- Un racconto di Annalisa Ferri -
Dentro quel vicolo della cantina di campagna erano posti, in piedi appoggiati al muro, grossi tini che un tempo facevano ribollire il vino novello sotto un cielo rosso di tramonto, o botti in cui sgorgava l'aceto per le insalate estive. Quando il sole illuminava con forza le tele sfilacciate, queste sembravano brillare, ed il ragno si ritraeva nel buco sperando che nella notte una piccola farfalla o una zanzara entrate dal cielo notturno, cadessero nella trappola. Erano posti in un angolo impolverato, lasciati da anni dall'ultimo giorno in cui furono portati sotto il cielo celeste, cesti di vimini che avevano fatto maturare negli anni cachi e pomodori, fragole profumate dell'orto, cipolle dorate, ed ora ospitavano ricordi di mani di lavoratori che sotto il sole o coperti dalla prima nebbia raccoglievano i frutti della terra.
Quel piccolo pezzo di mondo era immenso quando i nipoti giocavano nei pomeriggi di fine primavera, ma piccolissimo ora, e si chiudeva con i suoi segreti, i suoi ricordi, i suoi suoni così diversi da quando era abitato. Qualche passero si rifugiava sotto il tetto e raccoglieva i semi di segale caduti dai sacchi di iuta. Le lucciole in estate correvano sulle scale che dal cortile conducevano all'orto e giungevano fino al lucernaio, affacciandosi ed entrando da una fessura del vetro rotto e danzando illuminavano, accostando la loro piccola torcia, le pentole rotte, il lavandino che vecchio gocciolava, le bottiglie vuote che un tempo ospitavano la passata di pomodoro fatta dalle donne del paese, portando festa nel vicinato. Varcando quella porta sempre chiusa, un mondo ormai muto si apriva agli occhi di chi, entrando nel passato, voleva annullare gli anni, cancellare la vecchiaia o le sofferenze.
Era una piccola porta di legno, che divideva il silenzio dai rumori del mondo, che sfioravano la cantina, volando accanto ai ricordi ed alle scene di vita passata che come per incanto, senza dar fastidio, rivivevano ogni giorno.
- Annalisa Ferri -
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