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martedì 31 gennaio 2017

La sentinella del borgo.

Un racconto di Annalisa Ferri.


Erano aperte le finestre della casa colonica. Entrava un sole tiepido, che giocava con la polvere e con le lenzuola vecchie ed i cuscini ricamati. Intorno qualche timida margherita si faceva strada tra il gelo ricamato sui prati. Poco lontano un rivolo iniziava il suo cammino tra il muschio ed i ciottoli bianchi. 




Nessun suono si udiva nel cortile della casa ed all'interno vi era un odore di farina e l'eco ampia di discorsi lontani. Si ricordava quando nelle giornate di inverno si stava tutti accanto al fuoco a raccontare storie immaginarie e grandiose mentre fuori copiosa cadeva la neve, incessantemente nella notte bianca. 



Ora solo i passeri restavano a guardare tra i rami spogli quelle finestre, quelle tende ingiallite dal tempo che spostate con il primo soffio di vento lasciavano entrare in primavera i fiori del mandorlo e dell'albicocco a profumare il corridoio.



Si udivano le voci antiche di bambini che giocavano tra le ceramiche a nascondino, nell'aria volavano le risa di nonne e madri che cucivano davanti al primo sole. 




In quella casa, sotto grossi alberi da frutta arrivava per prima la stagione che giungeva. Entravano le foglie della quercia in autunno mentre si nascondeva la volpe rossa, insieme all'odore di fumo di camino e di mosto, quasi nella cantina, nelle botti, fosse presente il nuovo vino. Si sentiva l'eco del taglialegna che fischiando finiva il suo lavoro immerso in un tramonto rosso e grigio. In estate si sentiva il rumore delle macchine agricole e l'odore del fieno saliva alla sera insieme alle stelle al chiaro di luna, con i grilli impazziti tra i rami del glicine.




 La neve copiosa ricopriva in inverno il davanzale ed i fili del pergolato, entravano quei fiocchi nella sala antica, rincorsi dal gatto che dimenticava il topo nascosto sotto la credenza ancora piena di tazze intagliate. Il silenzio sovrastava il casolare, mentre in primavera spuntavano le viole nell'aiuola dimenticata e tornava lì a fare il nido la prima rondine.




 Era la sentinella del borgo, che respirava per prima la nuova stagione e le finestre aperte sentirono per prima per gorgoglio di ruscello, quel sole nuovo, un canto lontano di un passero smarrito nel bosco. Nel giorno che allungava quotidianamente i suoi arti alla luce del sole un odore di azzurro si diffondeva nell'aria e gli spiriti del bosco lentamente iniziavano a fare giochi e magie, svegliando il gufo reale, anziano, che li lasciava fare.

- Annalisa Ferri -

da: https://www.facebook.com/Lodore-del-fieno-di-giugno-1608801219439238/

lunedì 30 gennaio 2017

Le due regine del cielo.

(Daniela - Luna Nera)




C’è stato un tempo in cui il cielo aveva due regine, due regine diversissime fra di loro, che avevano, però, una caratteristica in comune: erano, infatti, entrambe bianche, di un candore quasi abbagliante.
Proprio questo colore era il motivo della loro eterna rivalità: ognuna voleva primeggiare sull’altra, ognuna voleva essere più bella, più luminosa, più splendente..
Queste incontrastate padrone della volta celeste erano la merla e la neve. Si, proprio la merla che, in quel tempo aveva tutte le penne bianche ed era più che mai bella ed elegante, altera e fiera del suo candore. 


Ogni giorno, fra di loro c'era battaglia. Se la neve cominciava a cadere, volteggiando nell’aria con larghi e morbidi fiocchi, la merla usciva dal suo nido e, volando ad ali spiegate, faceva una danza degna di una prima ballerina.
- Guarda come sono leggeri i miei fiocchi – diceva la neve, scendendo dal cielo con grazia, - si direbbero quasi le piume delle ali di un angelo –
- Ma, mi hai visto volare? Sono più leggiadra di una ballerina – rispondeva la merla – e poi, tu puoi solo scendere verso il basso, mentre io, grazie alle mie ali, posso andare dove voglio –
- Ma, quando io mi poso sulla terra, sugli alberi, sui tetti, creo, come in un quadro d’autore, meravigliose immagini, paragonabili quasi a un ricamo, a una trina, a un antico e prezioso merletto –


- Ed io vado così in alto da poter dire che posso passeggiare tra le stelle, sfiorare la luna, fare il solletico agli angeli –
Ben presto la neve capì che la merla era più forte di lei e che se voleva davvero sconfiggerla per essere la sola regina del cielo, doveva trovare uno stratagemma.
- In fondo, io sono fatta di ghiaccio – pensò – Se dal mio regno sulle nuvole, faccio cadere tanti, tanti fiocchi, migliaia, milioni di fiocchi, lei, la bianca regina volante, non potrà nemmeno uscire dal suo nido per il freddo e, se anche lo facesse, nemmeno si vedrebbe in mezzo a tutto il candore che i miei fiocchi spargeranno nell’aria. Così, forse, finalmente capirà chi è la più forte, la più potente, la più bianca, la più bella! – 


E così fece. Per giorni e giorni, nevicò, nevicò, nevicò sempre, da mattino a sera e poi la notte e poi ancora il mattino dopo, senza interruzione. Ben presto, tutto il mondo fu coperto da una bianca e soffice coltre. Tutt’intorno regnava un grande silenzio e l’aria era così fredda che sembrava fatta di vetro, ma, incurante di tutto, ben protetta dalle sue piume, ogni mattina, la merla usciva dal suo nido e volteggiava in mezzo a quel turbinio di cristalli ghiacciati, come se nemmeno li vedesse, quasi confondendosi con loro.
La neve cominciava a perdere le speranze, ma poi, un giorno, non vide più la merla volare. Sulle prime si rallegrò, ma poi pensò che non le piaceva vincere così facilmente e cominciò a cercare il nido della sua avversaria. Lo trovò fra i rami di un albero del bosco. Si avvicinò cautamente e vide il bianco uccello accovacciato, tranquillo, quasi immobile.
Pensò che fosse ammalata o avesse paura della tempesta e cominciò a deriderla.
- Che fai? Oggi non esci? Oggi niente danze? Non avrai paura di un po’ di neve!? –
- Oggi ho cose più importanti da fare – Si spostò un pò, posandosi con le zampe brune e squamose sul bordo del nido – Guarda, cosa vedi? –
- Delle strane palline azzurre, macchiate da puntini grigi. Non le avrai rubate a qualche povero bambino ed ora cerchi di nasconderle, sedendotici sopra? –
- Non sono palline, stupida che sei. Sono le mie uova e se me ne sto nel nido è perché devo covarle –


- Covarle? –
- Si, proteggerle con il mio corpo, dargli calore e amore per aiutarle a schiudersi –
- E quando si saranno chiuse, che farai? –
- Schiuse, non chiuse, ignorante, è proprio l’esatto contrario. Il calore del mio corpo aiuterà le uova ad aprirsi e finalmente nasceranno i miei piccoli ed io sarò mamma. Ma tu non puoi capire cosa significhi, tu sei fatta di ghiaccio, non immagini nemmeno quello che si prova, quando si diventa genitori –
- Allora, dovremo rinunciare ai tuoi balletti? Vuoi dire che non ti vedrò più volteggiare nell’aria, che non potrò più ammirare gli arabesques e i ghirigori che disegni con i tuoi voli? –
- Vuol dire che ora io devo pensare solo alla mia cova, perché, per me, non c’è niente di più importante, in questo momento. Tu continua pure questa tua assurda gara e considerati pure la vincitrice, io avrò la mia ricompensa quando dal guscio azzurro di queste uova, vedrò spuntare un piccolo becco giallo e un corpicino implume, quando sentirò un fischio debole e flautato che mi chiama e mi chiede cibo – 


Per quasi due settimane, il bianco uccello rimase nel nido, mentre la neve implacabile continuava a scendere, diffondendo tutt’intorno un grande gelo. Poi, una mattina, finalmente, la trepida merla sentì un debole ticchettio provenire dall’interno delle uova: erano i suoi piccoli che volevano venire al mondo. Avrebbe voluto aiutarli perché sapeva bene che in quel momento i suoi pulcini stavano facendo lo sforzo più grande e più importante della loro vita, ma sapeva anche che doveva resistere a quella tentazione per il loro bene; la natura, da buona madre di tutte le creature viventi, avrebbe pensato a tutto, non avrebbe permesso che restassero senza la protezione del guscio quando non erano ancora pronti ad affrontare la vita e li avrebbe fatti uscire dalla loro azzurra prigione, solo quando sarebbero stati pronti.
Il giorno dopo, infatti, tutti i cinque gusci si aprirono e cinque bocche affamate cominciarono a reclamare cibo.


La merla era preoccupata: sapeva bene che trovare qualcosa sotto quel manto nevoso, non sarebbe stato facile, ma volò ugualmente via dal nido, alla ricerca di bacche, frutta e vermi.
Per giorni e giorni, fu un continuo andirivieni fra il bosco e il nido. Di giorno, mamma merla usciva alla ricerca di cibo, di notte, nel nido, riscaldava i piccoli con il calore del suo corpo, tenendoli stretti a sé, sotto le ali.
Ma tutto il suo amore di mamma non bastava. I corpicini, non ancora coperti di piume, erano esposti al gelo e soffrivano, tremavano continuamente e ben presto, cominciarono a coprirsi di macchie violacee. La merla capì che non c’era tempo da perdere, doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa per salvare i figlioletti.


Guardando fuori dal nido, in mezzo al volteggiare dei fiocchi, vide in lontananza un sottile filo di fumo uscire da un comignolo. Era il comignolo di una povera casa; all’interno si sentiva un allegro vociare di bambini che giocavano rincorrendosi, si chiamavano fra di loro, schioccavano sonori baci sulle guance della mamma.
- In quella casa ci sono dei bambini felici pensò – la loro madre ha di sicuro acceso il fuoco perché non sentano freddo e su quel fuoco, a giudicare dal profumo che sento, sta cuocendo certamente una buona minestra. E’ lì che devo portare i miei piccoli, se voglio che sopravvivano –


- Ascoltatemi bene, piccoli miei, la mamma deve allontanarsi per un po’ di tempo. Quest’inverno è più lungo e più rigido del solito ed è necessario costruire per noi una nuova casa, più bella ed accogliente, ma soprattutto più calda –
E senza aspettare risposta, volò via alla ricerca di materiali per la costruzione del nuovo nido.
Non fu facile. La neve aveva ghiacciato tutto, tutto era bagnato e freddo, ma mamma merla non si perse d’animo e continuò a cercare, a cercare disperatamente.
Ai piedi di un albero, dove la neve aveva attecchito meno, trovò dei rametti. Ne prese con il becco e con le zampe quanti più ne poté raccogliere e li portò in cima a quel comignolo.
Fra le tonde e lisce pietre del torrente, trovò del muschio soffice e profumato, più in là, morbida fanghiglia. La costruzione del nuovo nido la tenne occupata per un bel po’ di tempo, ma alla fine, in cima a quel comignolo, riscaldato dal fuoco del camino sottostante, vi fu un grazioso e tondo rifugio per i piccoli merli che, affamati ed infreddoliti, aspettavano nella vecchia casa sull’albero.


Quando tutto fu pronto, per renderlo ancora più accogliente e caldo, senza pensarci due volte, con il suo stesso becco, la merla si strappò alcune piume dal ventre e le depose sul fondo del nido.
- Ecco, ora tutto è pronto. Posso andare a prendere i piccoli –
La neve, che imperterrita e cattiva aveva continuato a cadere rendendo il suo lavoro più difficile, cominciò a deriderla.
- Ma che trambusto, povera regina bianca! Ma cosa stai facendo? Perché costruisci un altro nido? Lascia stare tutto e ricomincia a danzare nell’aria, come facevi una volta, gareggia ancora con me o hai rinunciato ad essere la più bianca regina del cielo? –
- Devo portare i miei piccoli nel nuovo nido o moriranno assiderati – rispose, ignorando la sua provocazione.
- Il nuovo nido è quello lassù, sul comignolo? Ma non vedi che da lì esce un fumo denso e nero? Se andrete ad abitarvi, in pochi minuti avrete addosso puzza di affumicato. Oh, poveri uccellini!....... –
Con un deciso colpo di coda, la merla si girò e volando sicura, cominciò il trasloco dei suoi pulcini nella nuova casa, diede loro da mangiare, infilando nel becco di ognuno ora un vermetto, ora una bacca e poi appagata e felice, li guardò mentre si addormentavano, finalmente al caldo.


La mattina dopo, al risveglio, la famigliola dei merli ebbe una curiosa sorpresa: la mamma ed i pulcini si guardavano e non si riconoscevano perché il candore delle loro penne e delle loro piume era scomparso ed erano tutti completamenti…… neri.



Naturalmente, la prima ad approfittare del loro smarrimento fu la neve.
- Ma cosa vi è successo? Vi siete visti? Siete neri come il carbone! Questa assurda gara fra di noi è finalmente finita e non c’è dubbio che l’unica vincitrice, l’unica regina del cielo sono io, la neve, la bianca, bianchissima neve –


- E’ un primato che ti cedo assai volentieri. Io ho raggiunto un obiettivo molto più importante: ho salvato la mia famiglia. A te cosa rimane? Fra pochi giorni sarà primavera e di te non rimarrà traccia, mentre io ed i miei pulcini abbiamo tutta la vita da vivere insieme.
La neve sconfitta non parlò più.
Proprio in quel momento, nel bianco lattiginoso del cielo si aprì uno spiraglio d’azzurro, come se le nuvole, improvvisamente assonnate e stanche, avessero cominciato a sbadigliare.
Verso quella striscia di sereno, i cinque pulcini neri cominciarono a volare, scortati dalla mamma, orgogliosa del loro nuovo colore, mentre gli ultimi fiocchi di neve già si trasformavano in gocce di tiepida pioggia primaverile. 

- Annamaria Matera -






foto dal web di Daniela (Luna Nera)



domenica 29 gennaio 2017

I giorni della merla



Un articolo di Mianna.


I cosiddetti "giorni della merla" sono, secondo la tradizione, gli ultimi tre giorni di gennaio. Sempre secondo la tradizione sarebbero i tre giorni più freddi dell'anno. 



L'origine della locuzione "giorni della merla" non è ben chiara. Sebastiano Pauli espone due ipotesi:

" I giorni della Merla" in significazione di giorni freddissimi. L'origine di quel dettato dicon esser questo: dovendosi far passare oltre Po un cannone di prima portata, nominato la Merla, s'aspettò l'occasione di questi giorni ne' quali, essendo il fiume tutto gelato, potè quella macchina esser tratta sopra di quello, che sostenendola diè il comodo di farla giungere all'altra riva. Altri altrimenti contano: esservi stato, cioè un tempo fa, una nobile signora di Caravaggio, nominata de Merli, la quale dovendo traghettare il Po per andare a marito, non lo potè fare se non in questi giorni, ne' quali passò sovra il fiume gelato".




Secondo altre fonti la locuzione deriverebbe da una leggenda secondo la quale, per ripararsi dal gran freddo, una merla e i suoi pulcini, in origine bianchi, si rifugiarono dentro a un comignolo, dal quale emersero il 1° febbraio tutti neri a causa della fuliggine. Da quel giorno tutti i merli furono neri.

Si noti che se alcune leggende parlano di una merla, nella realtà questi uccelli presentano un forte dimorfismo sessuale nella livrea, che è bruna, becco incluso, nelle femmine, mentre è nera brillante, col becco giallo-arancione, nel maschio.




Secondo una versione più elaborata della leggenda, una merla, con uno splendido candido piumaggio, era regolarmente strapazzata da Gennaio, mese freddo e ombroso, che si divertiva ad aspettare che la merla uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo.

Stanca delle continue persecuzioni, la merla un anno decise di fare provviste sufficienti per un mese, e si rinchiuse nella sua tana, al riparo, per tutto il mese di gennaio, che allora aveva solo 28 giorni.



L'ultimo giorno del mese la merla, pensando di aver ingannato il cattivo Gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio si risentì talmente tanto che chiese in prestito tre giorni a Febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento, gelo, pioggia. La merla si rifugiò alla chetichella in un camino e lì restò al riparo per tre giorni. Quando la merla uscì, era sì salva, ma il suo bel piumaggio si era annerito a causa del fumo e così rimase per sempre con le piume nere.




Come in tutte le leggende, si nasconde un fondo di verità anche in questa versione. Infatti nel calendario romano il mese di gennaio aveva solo 29 giorni e solo molto più tardi diventarono 31.

Sempre secondo la leggenda, se i giorni della Merla sono freddi, la primavera sarà bella, se sono caldi, la primavera arriverà in ritardo. 


- Mianna -

















sabato 28 gennaio 2017

I campanellini degli Angeli.



Un articolo di Luna Nera.


In un buio, ventoso giorno d'inverno, quando il Natale sembrava passato da un pezzo e la primavera era di là da venire, Gianna trovò in un cassetto i campanellini degli angeli.






Si trattava di un grazioso giochetto che l'aveva tanto divertita, tempo prima. Piccoli angeli di metallo leggerissimo erano sospesi su quattro candeline. Quando le candeline erano accese, gli angeli cominciavano a girare, spinti dall'aria calda e facevano tintinnare due campanellini.








Gianna pulì le figurine di metallo fino a farle brillare, poi le riappese. Trovò le candeline adatte per far girare le figurine e le fissò ai sostegni. Poi preparò la tavola per la cena, con i campanellini degli angeli al centro.











- Mancano soltanto i fiori - disse la mamma, accennando ai vasetti di viole africane alla finestra.




Gianna portò un vaso, la mamma l'altro e posero i fiori al lato dei campanellini. 

- Vediamo che effetto farà a cena gridò Gianna.



La mamma accese le candeline e gli angeli cominciarono a girare, facendo suonare i campanellini. Le fiammelle delle candele facevano brillare le figurine e le viole sembravano più bianche.





- È bello come in primavera, - disse la mamma. 

- Ed è allegro come a Natale, - disse Gianna sorridendo.





Improvvisamente la giornata non sembrò più né scura né fredda, ma calda e allegra. 



- Kathryn Jackson -


Curiosità: una delle più tradizionali decorazioni natalizie in Scandinavia è sicuramente "Le Campane degli Angeli" (o Giostra degli Angeli). Risale al 1940 ed è famosa in tutto il mondo, fa parte delle tradizioni natalizie dei paesi nordici e consiste in una specie di carillon musicale; su un piattino in ottone sono posizionate quattro candeline che accese e con il loro calore fanno muovere circolarmente una giostrina di angeli soprastante, ogni angioletto è raffigurato con una tromba alla bocca e ad ognuno di essi è appesa un’asticella d’ottone. La rotazione della giostrina farà si che queste asticelle andranno a battere su altrettante campanelle emettendo un suono dolce e cantilenante, gli angeli ruotano tintinnando e proiettando riflessi colorati sul soffitto.
Si trovano in moltissimi tipi e soggetti.
Vengono anche chiamate giostrine a calore, carousel, giostra rotante portacandela.





(immagini dal web)










































































(video)