C'è un viottolo - un sentiero come lo chiamo pomposamente io - che costeggia una delle poche canalette rialzate rimaste nel territorio: da un lato ci sono i cespugli di ortensia, ora color ruggine, piantati faticosamente e con caparbietà già "vedendoli" nel loro splendore tra qualche anno... dall'altro il confine recintato con un antico parco privato, un po' trascurato, dove tra i tanti ligustri, l'edera e le liane delle clematidi selvatiche (quelle i cui fiori piumosi s'incendiano alla luce del tramonto) fanno capolino i miei caprifogli che si mescolano ai più rustici selvatici. Ci sono chiazze di brina dove i luminosi raggi del sole rimangono bloccati dagli alti alberi secolari e muschio sui tronchi e sui bordi della canaletta cosicchè i gatti che mi accompagnano hanno un soffice tappeto su cui posare le zampette.
Incredibilmente, lungo il cammino e ai piedi dei meli cotogni e del pesco, ci sono ancora grossi ciuffi di violette - non fiorite ovviamente - ma tra l'erba schiacciata dal ghiaccio della notte sembrano un piccolo miracolo. Le rose canine che crescono da sempre, insinuandosi in ogni siepe e anfratto, porgono rami spinosissimi carichi delle piccole oblunghe bacche arancioni: quello passato è stato il primo anno in cui non le ho raccolte per i miei decotti e sono tutte a disposizione degli uccellini.
Costeggio la siepe di noccioli - ormai quasi un boschetto: evidentemente si son trovati bene da subito..., supero l'angolo dove un tasso sta crescendo a ridosso di un antico altissimo ciliegio selvatico e torno indietro girando attorno alla canaletta verso il laghetto artificiale. Nel silenzio sospeso in questo gelo così crudo arriva improvviso il battito d'ali di una tortora mentre i miei passi si fermano e sorrido al primo gruppo delle mie rose inglesi ricordandone le dolci sfumature color conchiglia e albicocca che tra qualche mese torneranno a gareggiare con l'alba più bella. Supero il tiglio ed il gelso, con l'ampia ramificazione intrecciata e protesa verso l'alto a sfidare la morsa del freddo, e la betulla che pare essere a guardia di quel piccolo angolo magico creato dal laghetto. Anche ora che gli angioletti candidi del philadelphos non sfiorano ancora lo specchio d'acqua in una carezza languida e intima e le bergenie sono solo grossi cespi di foglie brune senza il rigoglio sontuoso delle pannocchie rosa e cremisi, il laghetto rimane chiuso in un abbraccio verde e misterioso, un po' oscuro, fatto da piante antiche e progetti nuovi, tentati e ritentati, un luogo segreto dove ogni tanto si abbevera l'airone e si riparano i fagiani. Un incanto, sempre. Poco più in là c'è il biancospino dove dimorano le Fatine che, ogni tanto, lasciano un regalino alla mia nipotina e la panchina sulla quale, nella bella stagione, facciamo merenda magari dopo aver raccolto le fragoline o le more del gelso.
Proseguo lungo la siepe mista dalla quale si affacciano le spiree - una cascata bianca in primavera - e arrivo all'altra panchina circondata, soffocata dalle rose: adesso è la sosta preferita di qualche gatto ma al primo vero deciso tepore torna ad essere "anche" mia. Rimangono i miei passi incerti sul terreno ghiacciato ed il fiato affannoso per il gelo i rumori più forti: gli uccelli che si raccolgono al mattino per la colazione davanti allo studio tacciono, spariti nei loro nidi e ripari; talvolta giunge un abbaiare lontano, ovattato, mentre i miei cani si limitano a frugare cercando chissà che nell'erba pesta. Riprendo il giro e ogni passo è una vibrazione della terra che nel suo sonno prepara la nuova vita - il suo respiro il mio respiro: nulla è morto, nessun ramo è davvero secco ma quei minuscoli gonfiori che lo punteggiano sono ognuno una promessa di Primavera.
Finisco la passeggiata costeggiando il giro di pioppi attorno alla casa, una cornice nella cornice: a ridosso di alcuni di loro sono cresciute altre rose canine che ne abbracciano i tronchi ed i rami arrampicandosi in uno sposalizio sacro, ai piedi di altri due qualche gentile uccellino ha seminato dei viburni. Ultimo gruppo di rose - muscate, damescene, centifolia...- tra ortensie e le tante piante aromatiche davanti alla cucina - un grande cespuglio sempre verde e sempre pieno di profumi protetto dal glicine del portico. E forse è proprio questo, con i rami spogli e contorti, che mi riporta all'inverno e mi risveglia dal sogno......
Amorina Penna.
Bellissima descrizione di un momento dell'anno che sembra non aver nulla da dirci e invece.....
RispondiEliminaBello vero? Ora aspetto i tuoi racconti Maria Rosa!
EliminaAmorina vive in un luogo incantato...come non invidiarla?????
RispondiEliminaHai letto che carino? Sembra di essere lì mentre si legge...
EliminaUn luogo incantato, mi riporta alle emozioni di quando leggevo o vedo in tv "Il giardino segreto". Anche quello di Amorina è un racconto romantico, immagini di una bellezza struggente; meraviglioso incantesimo della natura. Grazie <3
RispondiEliminaBellissimo racconto vero? Solo le immagini le ho cercate io e abbinate come meglio ho potuto... ma il merito è tutto suo!
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