- Un racconto di Annalisa Ferri -
Qualche uccello solista riempiva l'aria buona e volava sui solchi freschi lasciati dall'uomo che aveva pitturato di marrone i pendii della collina, sfumandoli di varie tonalità. Da quella terra dinamica, dalla valle che costeggiava il torrente mite e devoto, uscivano piccole ali, invisibili all'occhio umano distratto. Silenziosamente quelle piccolissime ali iniziavano una vorticosa danza in mezzo al sole che scendeva e la luce che creava ombre e opacità favoriva quel gioco al tramonto. Correvano rincorrendosi in cerchio, giocavano con moto sghembo nell'aria, tra le montagne ancora marroni e il vento che sapeva di erba. Accanto alle margherite passavano rapide, intrecciavano le mani tra i rami del susino, giocavano a nascondino alzando la polvere della terra dell'ulivo. Il loro era un turbinio intenso che aumentava man mano che il sole scendeva. La luce inclinata eccitava la danza della piccole fate che con le ali muovevano la terra, con le mani strappavano i fili secchi e vecchi dell'erba, aprivano i boccioli tardivi, mettevano gocce di rugiada sulle aiuole perché apparissero belle, acconciavano il muschio giovane e forte sugli alberi di noci e pettinavano le lunghe code dei cavalli giunti a valle a bere.
Quel meticoloso lavoro durava da anni e si verificava nei minuti prima che il sole sparisse per la notte: nessun orecchio umano tuttavia udiva quel vociare trafelato, quel fare e ricevere ordini affinché la primavera si mettesse in cammino e solo pochi contadini hanno visto quelle ali danzare tra il rumore dei trattori ed il canto dei merli. Quando il sole stava per lasciare al buio la valle, il lavoro si intensificava e come impazzite quelle piccole ali andavano avanti ed indietro per compiere tutto velocemente. Nel momento del buio, quando l'ultimo ramo, quello più in alto, veniva spento della luce chiara del sole, le ali cadevano al suolo stremate, inghiottite della terra e dall'erba, ovunque si trovassero.
Divenivano nutrimento per le zolle del terreno dentro cui si sarebbe verificato il miracolo della vita di e ortaggi e frutti, nutrivano le radici forti degli alberi secolari, fonte di ombra e silenzio, sussurro di voci passate e accrescevano quelle esili e piccole dei fiori a cui donavano il colore ed il profumo per tutta la durata della primavera. Ogni giorno, nel mese di marzo, da sempre, migliaia di ali cadevano a terra ed altrettante il giorno seguente riprendevano il lavoro delle compagne, instancabili, perché la natura si risvegliasse continuando il suo ciclico cammino.
Nessun commento:
Posta un commento