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domenica 25 giugno 2017

La signora dei campi di grano

(Daniela)

- Un racconto di Annalisa Ferri -



Nel mese di giugno, nei primi giorni ancora tiepidi al mattino, ma infuocati nella tarda mattinata, si ripeteva una vecchia storia, narrata negli anni e quasi divenuta una leggenda da tramandare e sulla quale discutere nei pomeriggi bui e lunghi dell'inverno.
Con la prima luna piena del mese, il grano iniziava ad imbiondire le chiome e nei campi la magia senza tempo si espandeva intorno, portata dal profumo del gelsomino arrampicato alle finestre aperte fino a tardi. Tutto il borgo che viveva l'inizio dell'estate con gioia e fatica, conosceva, avendola narrata di generazione in generazione per tutto l'inverno, la storia dell'anziana signora che camminava nei campi di grano. La donna, della quale nessuno poteva dire con certezza l'età, né il nome, viveva in una casa in pietra circondata da oleandri e gelsomini, con balconcini in ferro battuto che in estate erano pieni di gerani rossissimi, e nel portone grande in legno scuro il gelsomino faceva un arco, ospitando le farfalle notturne per la loro danza e quelle diurne per il sonno.



La signora, che tutti ricordavano vivere lì dalla nascita del borgo, sistemava i fiori, innaffiava al tramonto tutte le piante ed i generosi cespugli delle peonie e delle rose, passava con un tubo lunghissimo tra i vasi del basilico e del rosmarino, della maggiorana e della salvia e tutto il suo cortile insieme al giardino circondato dai ciottoli di fiume, diveniva rifugio di grilli e con quei balconi pieni di fiori rilasciavano il profumo della terra bagnata dopo ore di arido caldo e piccoli insetti uscivano a ballare. Ballavano tra le foglie della vite, le sue foglie erano grandi, come tanti ombrelli aperti sotto il chiaro di luna. La signora invece passava la notte alla finestra, affacciata sotto il luccichio delle stelle, sotto una luna luminosa che allungava le ombre dei pioppi, degli alberi del bosco, della fontana che bisbigliava flebile al volo dei pipistrelli.




 Poco distante dalla casa e dal borgo saliva verso le finestre aperte che sapevano d'estate, l'odore dei campi di grano. Si sentiva un fruscio avvicinarsi, gonfiarsi man mano che le ore passavano, come tante mani grandi che toccassero e facessero ondeggiare le teste delle spighe. La signora chiudeva allora gli occhi: di quelle spighe conosceva ogni chicco, ogni coccinella che coraggiosa nell'afa intensa del meriggio si arrampicava per tutto il fusto, ogni papavero rosso o bianco che sgualcito giocava a nascondino tra quelle spighe alte ogni giorno di più, conosceva i girasoli timidi che guardavano innamorati la luce del sole e la sera a testa bassa non guardavano nessuno. La donna ogni giorno camminava tra il grano, lo accarezzava e si faceva accarezzare.



A volte le spighe pungevano o facevano il solletico alle gambe stanche, altre volte la signora dalla vita aerea, nascosta tra i fusti, preparava agguati bonari alle farfalle estive, inseguiva le rondini che planavano per usufruire dei chicchi, scovava piccoli topolini che portavano il bottino nelle tane, vedeva la fatica delle formiche che in fila religiosa,come in una processione silenziosa, salvifica e devota trasportavano pesantissime provviste al formicaio per l'inverno lontano. Vedeva le nuvole rincorrersi nel cielo azzurro, le vedeva cambiare forma velocemente, trasformarsi, allungarsi, diventare tonde, mentre i passeri volavano sorridendo sui prati di fieno tagliato. La donna restava oltre il tramonto in mezzo al grano, vedeva la scia del sole divenire flebile, sottile, restare imprigionata tra i rami degli alberi più alti del bosco che non volevano mandarla via e la trattenevano ogni sera qualche minuto più a lungo.




 Solo dopo un lungo dimenarsi il sole, tirando forte la propria veste, riusciva a liberarsi da quelle mani verdi e fresche, tese verso il cielo e scappando correva dietro il bosco ed il crepuscolo giungeva danzando a liberare farfalle e profumi, come un bambino che saltella con una scatola aperta gettando ogni volta un po' di coriandoli. Liberava profumi intensi, odore di erba, di acqua buona, di gelsomini, di pioggia lontana, cantava e saltava tra vicoli lasciando che il vecchio mulino a vento soffiasse quegli aromi lontano. Liberava manciate di lucciole che nella notte luccicavano tra i tigli e gli arbusti, tra il ciliegio vecchio e sulla strada bianca che conduceva alla pianta ed al casolare abbandonato.



Solo allora,quando l'aria era fatta di odore, le lucciole coprivano le stelle, la donna tornava a casa, rossa in viso, stanca, quasi come fosse un'ombra lontana. L'ombra si allungava sempre di più, man mano che raggiungeva la porta di casa circondata dal gelsomino, diveniva sottile e leggera e qualcuno giurava, nelle sere vicino al camino acceso, che la sagoma si assottigliava
sempre più, diveniva un filo più scuro che il vento della sera sembrava portare a spasso per le vie del paese nel pieno dell'estate. La storia che da sempre era narrata, si ripeteva ancora ed ogni generazione vedeva e viveva con quella donna anziana che tutti conoscevano come "la signora dei campi di grano", perché li custodiva, teneva loro compagnia ogni giorno metodicamente, finché in una grande festa non venisse il momento della mietitura.



 In quella festa che per tutta la notte si protraeva, la donna ballava e saltellava sotto la luna insieme ai grandi fuochi accesi per festeggiare il prodotto nuovo delle spighe e poi spariva così, tra l'aria profumatissima che il crepuscolo buttava nuovamente in aria a piene mani, come ogni anno, negli anni della vita.



- Annalisa Ferri -

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