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domenica 7 maggio 2017

Il grillo di maggio

(Daniela - Luna Nera) 

- Un racconto di Annalisa Ferri -




Da lontano si sentiva il trattore sbuffare, dopo essere stato vessato tutto il giorno sotto un sole che diventava caldo quando il vento ancora fanciullo ed immaturo cessava di soffiare. Nei prati della valle erano tornate a volare le farfalle e l'erba verde era cresciuta in attesa di trasformarsi in fieno da tagliare. Ciò che però coglieva l'attenzione del taglialegna del borgo, un uomo solitario, era un mite e sommesso suono, che sentiva quasi impercettibile uscire dai rami pieni di foglie nuove dell'albicocco del suo orto. Questi viveva in un'antica casa colonica, da sempre appartenuta alla sua famiglia e che lui aveva curato negli anni. Disposta su due piani, circondata da un orto immenso in cui da piccolo correva e si nascondeva insieme ai cugini ed i fratelli, la casa era di pietra e tradiva tinte di rosa, laddove le piante rampicanti avevano lasciato uno spazio per ricordare i tempi passati.



Il taglialegna usciva dalla casa spesso prima dell'alba, sulla sua bicicletta e vi faceva ritorno solo dopo il tramonto, quando le tinte azzurre e viola del cielo sfumavano verso l'orizzonte e gli uccelli ancora restavano nel cielo. Una sera in cui il sole era ancora sul mondo e l'immenso orto della vecchia casa ancora illuminato, il taglialegna tornò con la sua bicicletta ed iniziò ad ispezionare i nuovi frutti, a ricordare i luoghi nascosti del fienile divenuto rimessa degli attrezzi. Mentre camminava nella sua proprietà, sentì un fremito, di cui aveva sentire l'ombra nelle sere passate, provenire da un fessura, ancora impolverata. Si avvicinò e quel fremito divenne un sibilo, poi un ticchettio, di nuovo un tremolare. Ad un tratto, quando l'uomo si allontanò sospettoso, ecco uscire un minuscolo essere, che nel suo terrore, iniziò ad emettere suoni soffocati, poi tornò nella fessura, ed infine uscì, nascondendosi tra l'erba già alta. Era un piccolo grillo, nato nei mesi del nuovo sole e che ora trovava il coraggio per affrontare il mondo, per accompagnare le stelle nelle calde sere estive, per fare concerti in giro per la valle, per curiosare dalle finestre al crepuscolo nella case le donne che toglievano dai baccelli piselli e fagioli o preparavano la verdura selvatica da far bollire.



 Quel solitario uomo guardò con sospetto l'animale che poi per le successive sere restò muto ed andato chissà dove. Non se ne curò per molto tempo finché un giorno, l'ultima sera di aprile, sentì dall'albicocco dell'orto provenire un piccolo tintinnio tra le verdi foglie ormai moltiplicate all'infinito. Il piccolo grillo era tornato, quasi a mostrare che ora sapeva cantare, che era cresciuto e che grazie ai suoi canti notturni avrebbe fatto innamorare dei fanciulli ed avrebbe a sua volta conquistato la sua dama con la quale condividere le notti d'estate, gli acquazzoni estivi improvvisi, il profumo dei pomodori maturi e la polvere argentata della luna lasciata sui prati tagliati. Il vecchio taglialegna rimase così immobile, a pensare alla sua fanciullezza, alla giovinezza poi, quando grazie al canto di un grillo lontano si innamorò di una donna costretta però a partire. E quel canto tenero che lo riportava indietro negli anni, ora lo rendeva fragile e vulnerabile, lo rendeva tenero e così chiuse la finestra per non ascoltarlo.



 Ma il grillo, conosciuto il cuore ferito, riprese il suo canto più forte perché sapeva che sciogliendo i ricordi sarebbe tornata la vita. Ed il taglialegna ebbe le lacrime agli occhi per la prima volta dopo numerosi anni e sconfitto dai sentimenti, aprì nuovamente la finestra e la lasciò così, spalancata, per tutte le sere d'estate e sempre il grillo andava, si affacciava e l'uomo faceva finta di essere sorpreso, a volte infastidito, ma in realtà tornava a casa sempre prima del tramonto perché ricevesse quella visita. Una sera il grillo non si sentì arrivare. Il taglialegna lo attese per lungo tempo, nel sonno leggero si svegliava quando aveva il sentore di un canto, di un grido, ma fino all'alba non si udì quella voce. Partì nel bosco con un nuovo vuoto nel cuore, tornò a casa tardi, sapendo di dover riprendere familiarità con la solitudine. Ma mentre preparava la cena, una minestra di erbe e castagne arrostite in inverno, sentì un suono proveniente dall'orto: un nuovo fremito accompagnato da un tremore, una gioia accompagnata dal peccato di essere mancato per aver cercato una compagna. Ed ecco, in una sera dal vento caldo e dal pigolare di uccelli nuovi, di nuovo il grillo, saltare sulle vecchie rose, sui loro boccioli, poi saltare sull'edera avvinghiata al legno dell'albicocco e poi sui rami che avevano i frutti neonati. E quel canto di nuovo forte, intenso, bambino e giocondo tornò ad allietare le sere sempre più luminose e le giornate sempre più lunghe.



 Ma non era solo: portò con sé un piccolo gruppo di grilli, da poco nati come lui, che ogni sera, per tutta l'estate, improvvisavano un piccolo concerto in quell'orario, aprendo il cuore dell'uomo solo e burbero, schivo, che facendo finta di nulla, ora lasciava sempre la finestra aperta ed insieme ai profumi ed alla brezza nuova e mite che sapeva d'estate entrava nella vecchia casa colonica quel canto di speranza ed amore nuovo.


- Annalisa Ferri -

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