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mercoledì 22 febbraio 2017

Il canto nuovo

- Un racconto di Annalisa Ferri -



Appena il sole iniziava ad illuminare la vallata, prima del suono delle campane della chiesa sulla rocca, un nuovo canto anticipava il rintocco nel borgo. Sciolta l'ultima neve e divenuta rivolo fresco, il passero, come ogni anno, da sempre, iniziava a cantare, certo che in quei raggi chiari, nella valle ancora bagnata d'inverno e tra i rami ancora spogli, stesse silenziosa arrivando una rosea mano nuova a scaldare la terra.




Quel canto sovrastava il paese, mescolato ora al suono delle campane del mattino, svegliando gli abitanti sotto un cielo azzurro, macchiato da qualche sottile nuvola bianca, retaggio ritardatario della notte. Il vecchio casale, disteso tra i nidi delle lepri era il primo a ricevere quel sole e vicino al granaio fiorivano le prime viole, davanti al mandorlo ancora spoglio dove in estate, ogni notte, la civetta veglia sulla stradina bianca che conduce al cuore del bosco.



Anche nel silenzio di quei luoghi dormienti era arrivata la voce del passero allegro, ridente, in un'eco gioviale che aveva risvegliato i fratelli tra i pini e gli olmi e tutti, quella mattina iniziarono il loro canto nuovo. Nuovi colori più miti si aprivano alle ali distese degli uccelli, che volavano frenetici di ramo in ramo, di albero in albero, sui balconi, nei giardini e negli orti, portati da un vento di attesa.



Una danza contagiosa, un cantare gioioso, giunse in ogni luogo, come portato da un diligente banditore, salendo nelle vie del paese, fin dentro il granaio vecchio, riparo delle allodole nelle notti fredde, da cui un piccolo spiraglio di tetto bucato permetteva di vedere sempre il cielo, e di spiare la notte con le sue stelle e la sua luna. E quel mondo di fuori cambiava con l'alternarsi delle stagioni: erano notti chiare in estate, buie e fredde in inverno, con un manto nero su cui tremavano le stelle lasciate nell'aria gelida. Da lì si vedeva per prima, quando arrivava, la neve;



la si sentiva nell'aria frizzante e quando il cielo era bianco e rosa cadeva copiosa dentro il fienile, come fiocchi di ovatta leggera buttati lentamente e per caso. Qualche lucciola volava sul tetto e passava di sfuggita davanti a quella fessura larga in estate, mentre ripeteva la sua danza luminosa sui prati e si consacrava all'amore nelle radure nascoste. Quel luogo dormiente, lasciato solo, viveva un nuovo mistero,avvisato con cura da un fanciullesco suono di voci. E fino al fienile scrigno dei tempi volava ora quel passero felice per annunciare all'allodola antica che il freddo inverno stava invecchiando e che si sarebbe sciolto al primo caldo sole in un ricordo limpido accanto al quale, una mattina all'improvviso, sarebbero nati mazzi di margherite.


- Annalisa Ferri -


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