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lunedì 29 aprile 2019

Dai campi

(Daniela - Luna Nera)



Muoion nell'aria or l'ultime canzoni.
Tornano dai campi 
i buoi che han faticato
lenti trainando il carro logorato
che cigola e sobbalza
assai stanco nel premere degli anni.
Li segue il villan scalzo
col suo fischiar sommesso;
lo attende la sua sposa
coi rosei bimbi per la parca cena.
Scende la notte
a tessere di sogni ogni giaciglio.
Già mandano bagliori
lontane e tremule stelle.
Declina l'Orsa dietro i pioppi eccelsi
che ondeggiano leggeri
al bacio della brezza.
Vagolano le lucciole sui prati
e danzano sui fossi e tra le siepi
come fiammelle sperse ed animate.
Stridono acuti i grilli dalla prode
nel fremito di gioia.
Ascolta! Il rivo tra le felci
bisbiglia lento ed incessante.
Senti? Fra le macchie oscure e i rovi
si perde il singhiozzar dell'assiuolo
e muore nel silenzio.


- Carlo Lambertini -

(dal libro di poesie in mio possesso "Una finestra aperta")

martedì 23 aprile 2019

“Siamo nati a Genova, e quando abbiamo visto la luce era quella della Lanterna.”


(Daniela - Luna Nera)


Lettera di un'amica genovese:

La vita di noi Genovesi è scandita da certezze minime, ma in compenso indiscutibili: 
A Genova la gente si lamenta sempre. 
A Genova la gente non è cordiale con il turista. 
A Genova non ci sappiamo fare con l’ospitalità. 
A Genova siamo musoni, schivi, diffidenti, intolleranti, non sorridiamo mai e bla bla bla. 

Le altre città sono larghe. 
Genova è lunga. 
A Genova siamo incastrati gli uni sugli altri. 
A Genova non abbiamo spazio. 
A Genova siamo schiacciati tra le colline e il mare. 
Sì. 
Perché a noi Genovesi piace vivere così. Tutti vicini. Tutti abbracciati. 
Genova ha una sola linea metropolitana, che chiude alle nove di sera. 
A Genova i mezzi pubblici sono sempre in ritardo e sono sempre strapieni. 
A Genova le strade sono strette, ci sono salite e discese, curve e gallerie, e noi siamo sempre in troppi a guidare e ci innervosiamo facilmente. 
A Genova quando devi imprecare preferisci farlo in dialetto, perché rende meglio l’idea. 
A Genova se hai la fortuna di essere sulla Sopraelevata durante l’ora del tramonto puoi vedere il cielo rosa e il mare viola. 

A Genova abbiamo le tegole fatte di ardesia nera. 
Così quando piove i tetti diventano lucidi, riflettono il cielo e le case sembrano fatte di specchi. 
A Genova il Centro Storico è un labirinto di botteghe e carruggi, se non la conosci ti perdi. 
Questo serviva nell’antichità a difenderci dai predoni che approdavano dal mare e dai briganti che irrompevano dalle colline. 
Genova è stata una Repubblica Marinara. 
Genova è stata uno snodo fondamentale per il commercio, per via della sua posizione strategica, tra la terra e il mare. 
Genova è patria di esploratori, inventori, inquisitori, ladri, tagliagole, pirati, nobildonne, streghe, sante e prostitute. 

Genova ha i gatti sui tetti e i topi per le strade del porto. 
Genova è la focaccia, il pesto, i pansoti al sugo di noci e la torta Pasqualina. 

Genova sono gli ulivi sulla riviera. 
Genova sono i Parchi di Nervi e i suoi scoiattoli. 
Genova è la pizza d’asporto mangiata sugli scogli di Boccadasse. 
Genova è il gelato in Corso Italia con gli amici il sabato sera. 
Genova è l’aperitivo in Piazza delle Erbe. 
Genova è lo shopping con le amiche in via Venti Settembre. 
Genova sono i bonghi in Piazza De Ferrari. 
Genova è le sue scritte anarchiche sui portoni, i palazzi e le saracinesche dei vicoli. 
Genova è le sue biblioteche e i suoi musei. 
A Genova, quando siamo innamorate, la sera andiamo sulle alture di Righi, in macchine scomode dai vetri appannati. 

Genova è la grigliata sui prati in Primavera. 
Genova è la festa in spiaggia nelle serate d’Estate. 
Genova sono le piogge e i fiumi esondati ogni anno in Autunno. 
Genova è la città che si ferma incapace di gestire la neve d’Inverno. 

A Genova non si trova lavoro. Per questo prima o poi di qua ce ne dobbiamo andare. 
A Genova quando ci vivi non la sopporti e te ne lamenti. 
Quando però vai a vivere in un'altra città ti manca e parli a tutti di Lei. 
Perché Genova ha mille disagi e difetti, e io sono pronta a riconoscerli tutti. 
Ma è la mia città, Casa mia, e l’avrò dentro per sempre. 

Genova è le sue alluvioni e i suoi morti ogni anno. 
Genova è un ponte che crolla in un pomeriggio d’Estate. 
Un rombo assordante. I vetri che tremano. L'aria che si riempie di polvere e si fa irrespirabile. 
Tutta Genova piange di nuovo, abbracciata davanti al Telegiornale. 

Perché Genova viene puntualmente ferita. 
Ha mille tragedie e mai nessun responsabile. 

Genova ha sempre la forza di rimboccarsi le maniche e di tirarsi su da sola, senza chiedere niente a nessuno. 

Genova ha un carattere forte e difficile, e non pretende affatto di essere amata da tutti. 
Ma prima di criticarla conoscetela almeno."



(da:  https://www.viveremilano.info/)

venerdì 19 aprile 2019

Lo spaventapasseri della Settimana Santa

(Daniela - Luna Nera)


- da "Racconti di campagna" di Annalisa Ferri -


Come ogni anno, il contadino, prima che sorgesse il sole, poneva in mezzo al suo orto, un vecchio spaventapasseri, che da anni le generazioni della sua famiglia, avevano tramandato ai nuovi, per scandire il lento passare dei mesi e delle stagioni e della vita.
Lo poneva con cura, sistemando il vestito di juta, come fosse un bambino obbediente al primo giorno di scuola, nei giorni della Settimana Santa, quando nel borgo vi era il silenzio della penitenza, del perdono laddove vecchie contese tra vicini erano ancora in piedi, terminati ora, con la scusa di portare un esile ramo di ulivo che straordinariamente sapeva di pace.



Erano quelli i giorni delle croci. Le croci sul pane, segnate col dito e messo a lievitare e cuocere prima del giovedì Santo.
Le croci segnate al passaggio davanti alla Chiesa e davanti ai sepolcri, fatti crescere in silenzio nei luoghi bui da mesi.
E croci, ancora, al suono delle campane la sera del mercoledì, quando le rondini volavano nel cielo rosa e grigio a cercare spazi di azzurro prima di lasciare alla luna quasi piena il regno dei pensieri .



E la croce che sovrastava il paese, in quei giorni assumeva un ruolo di monito e perdono, e sembrava austera, diversa, seppur fosse come sempre lì, all'ombra dei meli nella piccola piazza in alto e guardava le case che si ripopolavano pian piano, per coloro che tornavano dalla città. La croce era quella che la perpetua segnava ad ogni battito di orologio e mentre cuciva il manto rosso per la Via Crucis del venerdì, lungo le vie del paese, pensava a quando da bambina correva nei vicoli che profumavano di dolci, di lievito di preghiere e scovava nelle case le lunghe chiome bianche dei sepolcri, nascosti nelle cantine e che sembravano anziane donne a testa in giù, pronte a mostrare gli occhi appena i più piccoli si fossero avvicinati.



 Ricordava il forte odore di pane nelle piccole strade, ora come allora, ed il suono del campanello delle greggi che tornavano di fretta alle stalle e che si mescolava con il suono della fontana che quando usciva il sole tornava a brillare. In lontananza si sentivano i tuoni di temporali che avevano bagnati paesi vicini e l'aria profumava di terra umida e di acqua di aprile. La perpetua, mentre cuciva il manto, cercava con gli occhi, in mezzo al campo di grano davanti la Chiesa, ora basso e verdissimo, un vecchio spaventapasseri che ricordava aver visto da bambina, dal cappello grande di paglia, le mani larghe che tenevano rumorosi fili d'argento e che il vento agitava.



Ricordava che anche lei, come ora accadeva, prima di tornare a casa correva nel campo sterminato e vedeva sorridendo che anche in quel giorno tutti i bambini la sera prima di rincasare, passavano a salutarlo, come lei in estate quando, in mezzo ai grilli che cantavano lasciava i fiori della borragine ed i papaveri ai suoi piedi, come doni all'amico speciale. Lo trovò muovere le mani in mezzo al campo, guardare verso la collina dove il sole tramontava e forse sorridere a quel vento che lo faceva sentire vivo, in mezzo ai voli delle rondini che lo sfioravano per vedere da vicino se avesse su quella bocca un ghigno o un sorriso.



Come ogni anno, il vecchio pupazzo, aveva passato l'inverno nel fienile, posto sotto ad un lucernaio dal quale aveva visto il cielo girare, la neve cadere copiosa e sentito i lupi ululare quando scendevano vicino la vallata, poi la nuova luna portare di nuovo le rondini. Era abituato a sopportare il sole cocente dell'estate, quando il grano poi maturava e veniva tagliato ed allora restava lì,



 solitario, e vedeva il bosco perdere le foglie, tingersi di infiniti colori della terra in ogni sfumatura, sentiva l'odore del mosto ed i canti del contadino che raccoglieva le mele ed i cachi e li portava a casa mentre le rondini, voltandosi un'ultima volta nell'ultima sera, andavano via. Aveva visto amori nascere nelle sere più buie di un'estate lunghissima, ricordava nei volti di uomini anziani, quei bambini che restavano fermi davanti a lui a guardarlo incuriositi ed alcuni seppur cresciuti tornavano davanti a lui, a render conto della loro vita, di ciò che avevano realizzato e dei dolori in cui avevano fallito.



 Qualcuno andava a chiedere consiglio a quella grande faccia sbiadita dai temporali estivi sotto cui piegando un po' la testa aveva vissuto e poi sotto un sole feroce, il giorno seguente.
Lo spaventapasseri aveva visto lo spettacolo delle lucciole che danzavano a notte fonda intorno a lui, quasi fossero tante scintille del fuoco, come quelli che nella sera dell'ascensione lui vedeva nei paesi vicini e sentiva la musica in lontananza, l'eco della banda e la luce dei fuochi d'artificio nelle feste del Patrono. Veniva poi riposto quando la nebbia circondava i dintorni e le vigne erano vuote, tornava al caldo nel fienile e lo svegliava davanti alla fessura del lucernaio il sole di novembre e poi ogni giorno fino al nuovo momento della primavera. Ed ora in quel nuovo anno, quando le campane del mercoledì Santo segnarono l'ora delle preghiere, forse per il vento o forse per devozione, la perpetua lo vide abbassare la testa in segno di rispetto e penitenza e chiudere gli occhi onorando i giorni silenziosi del borgo antico che all'unisono, una casa accanto all'altra, si addormentava.


- Annalisa Ferri -

(da:  https://www.facebook.com/Lodore-del-fieno-di-giugno-1608801219439238/)

martedì 16 aprile 2019

Cartoline pasquali (e bambini pasticceri)

(Daniela - Luna Nera)

In rete esistono moltissime cartoline pasquali dove sono raffigurati bambini festosi che regalano dolci per la festa, decorano, dipingono o confezionano uova di cioccolato vediamo coniglietti e agnellini, più difficile è stato trovare i bambini "pasticceri" che infornano le colombe pasquali: vediamole insieme!


































































































































































































































































(cartoline da vari siti, alcune dalla mia collezione personale)